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Il segreto degli Stradivari? Imitano la voce femminile

Studio dell’Università di Taiwan sui violini di Andrea Amati, progenitore della scuola di liutai cremonesi di inizio ‘500 e quelli di Antonio Stradivari: mentre i primi hanno un timbro “maschile” più vicino ai bassi e ai baritoni, i secondi si avvicinano al timbro dei soprani

di ANNA MARIA LIGUORI

LE QUALITA’ sonore degli antichi violini italiani riproducono le frequenze tipiche delle voci umane. L’impalpabile qualità musicale dei violini di Amati e soprattutto di Stradivari potrebbe derivare dalla loro capacità di imitare le caratteristiche acustiche della voce umana. Lo ha stabilito un nuovo studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences da Hwan-Ching Tai e colleghi della National Taiwan University a Taipei.

Per capire gli obiettivi dello studio, occorre ripercorrere brevemente la vicenda storico-musicale di cui fu protagonista Cremona. Dalla seconda metà del Cinquecento alla prima metà del Settecento, la piccola città fu il teatro di una rivoluzione della musica dovuta all’invenzione e al successivo perfezionamento del violino così come lo conosciamo ora, che avvenne essenzialmente per opera di due grandi liutai: Andrea Amati (1505-1577) e Antonio Stradivari (1644-1737). Amati è ricordato come l’inventore del violino moderno a quattro corde. La complessa geometria e struttura dei violini di Amati infatti era piuttosto diversa da quella degli strumenti a corda preesistenti, e divenne presto un nuovo standard costruttivo non solo per le qualità musicali ma anche per quelle estetiche.

Nel corso di alcuni secoli, ci sono stati diversi tentativi di modificare la forma di base e la geometria dei violini, come il violino per chitarra di Chanot o il violino trapezoidale di Savart, ma tutti hanno fallito a causa di un’influenza negativa sulle prestazioni acustiche. Dopo Andrea Amati, il miglioramento più significativo è rimasto quello introdotto da Stradivari, che fu allievo di Nicolò Amati, nipote di Andrea. Stradivari raffinò gradualmente modelli di strumento e metodi di produzione fino a raggiungere, nella produzione più matura, un risultato mai più superato e che resta tuttora resta il più amato dai solisti e il più copiato dai liutai.

Benché attentamente studiati nella struttura e nei materiali costruttivi, i violini di Amati e di Stradivari sono ancora poco compresi per quanto concerne le qualità acustiche che contribuiscono alla loro popolarità. Secondo Francesco Geminiani (1687-1762), violinista del periodo barocco, il tono del violino ideale dovrebbe “rivaleggiare con la voce umana più perfetta”.Per capire se i violini di Amati e Stradivari producano davvero caratteristiche acustiche simili a quelle della voce umana, Hwan-Ching Tai e colleghi hanno utilizzato tecniche di analisi del linguaggio parlato per esaminare le scale di 15 violini italiani antichi suonati da un violinista professionista e quelli di otto uomini e otto donne, di età compresa tra 16 e 30 anni, che hanno intonato alcune vocali della lingua inglese.

Le analisi delle frequenze dei suoni registrati hanno rivelato che un violino Amati risalente al 1570 e un violino risalente al 1560 di Gasparo da Salò, un altro celebre liutaio italiano, riproduce abbastanza fedelmente le proprietà del canto maschile, in particolare di bassi e baritoni, mentre gli Stradivari hanno un suono più simile al tenore o alle voci femminili da contralto. Sembra così che l’intuizione di Geminiani fosse in qualche misura corretta.

Il mastro Fausto Cacciatori, Conservatore delle collezioni del Museo dei violini di Cremona analizza questo studio: “Andrea Amati e Antonio Stradivari, il primo attorno alla metà del 1500 e Stradivari a partire dall’ultimo quarto del secolo successivo, tra l’uno e l’altro c’è un secolo e mezzo in cui si sono avute piccole innovazioni, soprattutto della cassa aromonica. I violini di Nicola Amati, nipote di Andrea e maestro di Stradivari, sono più piccoli di quelli che verranno costruiti a Cremona più di un secolo dopo. Ma ci fu un’evoluzione anche negli strumenti di Stradivari, nell’arco delle sua parabola creativa, quelli tra il 1710 al 1720 sono quelli ancora oggi considerati i migliori dal punto di vista acustico”.

E ancora. Continua il maestro Cacciatori: “Noi sappiamo che nella famiglia degli strumenti ad arco il timbro cambia a secondo della dimensione dello strumento, più aumenta più il timbro diventa grave. Invece se gli Stradivari vengono paragonati da un punto vista acustico agli strumenti della Scuola bresciana, che hanno una cassa più lunga come quelli di Gasparo da Salò è un’altra questione, questi sono conosciuti nel mondo musicale come violini che privilegiano il registro più basso”. E in più: “Questi strumenti – commenta Cacciatori – hanno subito nel corso della loro vita degli interventi definiti di ammodernamento che sono stati effettuati per essere utilizzati per un repertorio che stava cambiando, quindi quello che noi stiamo analizzado oggi è il suono frutto anche di quelli interventi”. Inoltre il genio assoluto della musica Claudio Monteverdi che i violini avessero un’acustica simile a quella della voce umana lo aveva già sperimentato. Conclude il maestro Cacciatori: “Se n’era accorto anche Claudio Monteverdi che era lo strumento che più si avvicinava alla voce umana, che attraverso il violino era possibile trasmettere con la musica i sentimenti umani, quindi gli stati d’animo dell’uomo. Ed è per questo che nella partitura dell’Orfeo troviamo l’utilizzo del violino e gli strumenti della famiglia del violino. Ed è questo che determina il grande successo del violino nel corso del 1600”.

 

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